Perché il dialogo

Erasmo Bracaletti, presidente di ApertaMenteOrvieto ci spiega il perché del dialogo.

«Perché il dialogo è il contenitore delle nostre iniziative?
Non sarebbe più facile esporre le nostre ragioni e rivendicarne la paternità?
Chi chiamare a dialogare?
Che cosa pensiamo possa produrre il dialogo?
Il dialogo è diventato il nostro contenitore perché con e nel dialogo si può e si deve costruire un mondo e un uomo più bello.
È spesso molto faticoso confrontarci, metterci in discussione, rivisitarci.
Ma se lo si fa insieme ad altri di sicuro la fatica diminuisce, il gioco si fa più interessante.
Portare in piazza ognuno la nostra verità sarebbe senza dubbio più comodo e più semplice, ma questo non ricercare la verità ma chiudersi dinanzi al mondo e al nuovo ordine globale.
Per questo abbiamo più volte detto -e continueremo a farlo- che la nostra associazione è un laboratorio di idee e per questo abbiamo cercato e ottenuto l’incontro con i giovani e i giovanissimi, chiedendo loro di arricchire il dialogo con le loro idee questo è stato -e sarà- il filo conduttore del nostro lavoro.
Da qui il programma del 2015.
Per il 9 maggio presso il Palazzo del Capitano del Popolo, «Per Orvieto città del dialogo», la parola verrà data agli studenti dell’Istituto Classico, Artistico e Professionale.
Da qui partirà il percorso che ci porterà al 2° Festival del Dialogo in programma il 23, 24 e 25 ottobre 2015; fino a quelle date parteciperemo ad altre iniziative, da Orvieto in Fiore, alla giornata dello studente, alla manifestazione Caffeina Cultura di Viterbo.
Stiamo lavorando perché una giornata del festival sia dedicata al dialogo tra oriente e occidente, tra maggioranze e minoranze religiose, culturali, etniche…
Il tema di un’altra giornata sarà l’approfondimento del lavoro degli studenti giudicato migliore il 9 maggio.
Tutto questo ed altro perché Orvieto sia sempre più città del dialogo, idea lanciata nel festival del 2014 che non vogliamo resti uno slogan, ma diventi patrimonio di tutti, per questo dedicheremo al progetto un’altra giornata del festival.
Per tornare all’ultima domanda, che cosa pensiamo possa produrre il dialogo?
La rivisitazione di noi stessi, nuove idee per un protagonismo nuovo dell’uomo che conosce la storia per farne altra.
Per riaffermare con chiarezza che la pace non è assenza di guerra, cosa non vera di questi tempi, ma è coscienza di vita, è ricercare la bellezza di vivere, è riempirsi di futuro non solo economico, ma di valori nuovi o riscoperti; insomma non sarà bello essere brutti fuori ma è terribile esserlo dentro.
Il dialogo è anche il giusto modo di usare la democrazia, conferirle la giusta manutenzione, perché non sia un fine ma un mezzo, e come tale non può arrugginirsi per poi essere buttato come una cosa vecchia che si pensa che non serva più.
Questi sono alcuni dei motivi per cui ci stiamo impegnando e ci impegneremo constatando con soddisfazione che aumentano le persone che condividono queste idee e che sono disponibili a dare il loro contributo.
Vorrei chiudere usando una sigla di un associato N.M.S.N. -non mi serve niente- se non di contribuire insieme ad altri ad aumentare le gocce in quel mare fatto di gocce, perché diventi il mare del nuovo risorgimento in cui tutti speriamo e sentiamo la necessità».

Erasmo Bracaletti